Giuseppe Palmisano
Il giorno 14 ottobre 2012 in un appartamento di Corso Genova a Milano, nell’istante in cui Mariella indossava un paralume, ho capito. Da quel giorno per tutto l’anno successivo ho cercato dentro di me le coordinate di quella prima visione e piano piano è emersa la grammatica di un’urgenza. Sono nato come un clown e il gioco del non prendermi sul serio mi ha permesso di guardare questa emersione, il suo potenziale conflitto, con un distacco ironico che è diventato la pelle un immaginario chiamato “iosonopipo” Ho sempre considerato la fotografia una scoria del mio guardarmi osservare. Ho lasciato che il mio femminile giocasse a mimetizzarsi tra i mobili. Nel momento in cui non ho avuto più paura di riconoscerlo e conoscerlo ho compreso che quelle pose erano solo il medium e lo scenario di questo conflitto osservato. In quel momento nasce “oltrepensare”, vendo la mia reflex e smetto di fotografare per nove mesi. La mia storia è un impasto di assenze. Tutto quello che raggiungo non mi appartiene e tutto quello che non mi appartiene lo posso lasciar andare. Per questo il 4 novembre 2019 decido di allontanarmi dall’identità di
iosonopipo, mettendolo all’asta.
Nel mio percorso, i social sono uno strumento indispensabile: non in termini numerici, quanto nella conversione di quei follower in una comunità reale e partecipe. Credo profondamente nella condivisione, nella partecipazione e nel passaparola, elementi che sono il cuore della mia poetica e della mia pratica. Quel che mi interessa e che sono riuscito in questi anni a realizzare grazie all’entusiasmo di chi mi ha scoperto, seguito e promosso sul web, è la possibilità di generare esperienze sensibili e abitabili, di trasformare un’empatia virtuale nuovamente in relazione concreta, in corpi capaci di interagire ed emozionarsi insieme.
Non ho mai cercato modelle ma persone. Non ho mai cercato sfondi ma spazi. La sintesi è sempre con l’imprevisto, che ci sospende sul caos, sul filo impercettibile tra essere e non essere. Se i luoghi sono destini e gli incontri sono destini, se siamo sognati da una
necessità, è l’ascolto a farsi scelta.
6 piccole colazioni è l’azione che l’artista ha sentito necessaria dopo aver conosciuto i suoi compagni di residenza.
6 attraversamenti di Stromboli ogni mattina, con un diverso partecipante della residenza, con la volontà di arrivare a sera, a casa, riportando un opera-zione, una scoria di questo passaggio. Nel suo lavoro la partecipazione e il coinvolgimento sono fondamentali, prioritari. Accetta il fallimento di un legame sentito e fiduciario, nel breve termine, con gli abitanti dell’isola. Consapevole di non riuscire a eviscerare un vulcano, raccontarlo, pur camminandoci sopra per 18 giorni, l’unico movimento profondo possibile era un atto di cura verso gli altri. Donandosi una giornata insieme con altri. Incontrare gli abitanti di Stromboli e renderli testimonianze più o meno attive, consapevoli. Un’archeologia relazionale che raccoglie i resti di un’impossibilità: restituire una profondità nel breve passaggio su questo vulcano.
OPERA: La Veglia, Cianotipia su tessuto grezzo, Tagli Stromboli 2023